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SENSOPUPPY

 

 

Quando ho iniziato a stilare il programma, sulla base di quanto studiato

e osservato di persona, la mia prima preoccupazione è stata quella di

avere una documentazione scientifica a sostegno  di quanto

proponevo. Pensavo allora indispensabile che ogni passo del

programma dovesse essere in assoluta sintonia con lo sviluppo

psicofisico del cucciolo. Ho messo a punto un programma basandolo

su studi che tutt’oggi vengono usati come riferimento. Il riscontro così

positivo tra chi ha partecipato ai miei stages, tra chi mi ha affidato le proprie cucciolate, tra chi dopo aver vissuto con un cucciolo che ha seguito il programma a distanza di molti mesi è rimasto dell’opinione di avere un cane con almeno una marcia in più è giunto piacevolmente inaspettato.

Non sono ovviamente mancate, le critiche, si è arrivati persino a confondere il programma, con una pubblicità per mangimi!

Il programma non può cambiare la genetica ne ha mai preteso di farlo, piuttosto lo scopo è quello di ottimizzare l'espressione  attraverso un programma che sottoponendo il cucciolo ad una serie di esperienze,  in concomitanza ed in sintonia con il manifestarsi di determinati periodi sensibili. A differenza di quella che viene descritta come una “normale” socializzazione

(la normalità è risaputo essere molto soggettiva) il programma si sviluppa senza lasciare nulla al caso. Tenere il cucciolo in

casa e farlo vedere a tanti amici ad esempio non serve certo ad abituarlo a sentirsi a suo agio in ambienti diversi, non lo abitua al traffico cittadino. Certamente se un cucciolo è timido, nessuno al mondo riuscirà a cambiare la sua natura, proprio per questo sarà fondamentale, fargli avere determinate esperienze al momento giusto e nel modo giusto, affinché si abitui a situazioni che senza un lavoro mirato procurerebbero uno stress maggiore.

Questo apprendimento sarà soggetto alle fasi classiche di condizionamento, quindi acquisizione estinzione e recupero spontaneo, per questo il programma non termina con la consegna del cucciolo, ma  si protrae  fino al termine del periodo giovanile!

L’aver definito i cuccioli “Super” e più intelligenti sembra aver destato scalpore  vediamo di chiarire questo aspetto.

Le conclusioni finali riguardo l’intelligenza nel cane a cui giunsero Scott e Fuller (1965), furono che nessuna delle abilità altamente specializzate richieste per eseguire i test assegnati, poteva essere definita come intelligenza. Lasciata così fuori dal suo contesto  la frase darebbe il significato opposto alle conclusioni dei due ricercatori, i quali non intendevano certo affermare che i cani non fossero intelligenti, piuttosto sottolineare, le difficoltà nella stima della loro intelligenza, senza usare degli irrealistici schemi umani! Parlando d’intelligenza non posso fare a meno raccontare la storia di Rico un Border Collie nato nel dicembre del 1994, che per merito di Juliane Kaminsky (Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology) é divenuto l’esempio più eclatante di intelligenza nei i cani.Attraverso rigorosi protocolli Rico ha dimostrato di saper riconoscere il nome di 200 oggetti suddivisi in gruppi di 20, composti da 10 oggetti. L’esperimento è stato così condotto: Mentre proprietario e cane attendevano in una stanza separata, uno sperimentatore preparava un set di oggetti nella stanza destinata all’esperimento. Lo sperimentatore a questo punto raggiungeva nell’altra stanza Rico ed il suo proprietario chiedendo a quest’ultimo di mandare il cane a prendere uno dopo l’altro due oggetti scelti a caso.

 

                                                                   Ebbene Rico ha riportato in media 37 oggetti su 40, dimostrando di capire

                                                                   di capire il significato di una parola anche dopo un solo abbinamento. Ancora più

                                                                   sorprendentemente dopo aver piazzato un oggetto mai visto prima     tra i

                                                                   10 dieci di ciascun gruppo, Rico 7 volte su 10 lo ha riconosciuto 

                                                                   correttamente, evidentemente escludendo gli altri in quanto conosciuti!

Ma c’è di più! A distanza di un mese in un altro test l’oggetto sconosciuto è stato piazzato tra 8 oggetti di cui 4 conosciuti e  4 Rico ha riconosciuto 3 oggetti su sei. Le performance di Rico a detta degli sperimentatori possono definirsi  come“fast mapping” paragonabili alla capacità di apprendimento  di un bambino  di 3 anni! Sarà Rico l’unico cane intelligente al mondo, l’unico con il quale sono riusciti a dimostrare una certa intelligenza,…..oppure un cane qualunque duttile, docile e di media tempra?! Senso-Puppy non produce dei Rico nemmeno dei Lassie o Rintintin!!

Occorre prima di tutto definire cosa s’intende per intelligenza dal momento che anche per gli uomini questo termine può assumere significati diversi sui quali ancora non si è trovato un accordo. L’intelligenza animale nella definizione dell’Enciclopedia Britannica è la seguente: “When considering animal intelligence, a more general definition of intelligence might be applied: the "ability to adapt effectively to the environment, either by making a change in oneself or by changing the environment or finding a new one"

Tradotto il significato é più o meno il seguente: Quando si considera l’intelligenza animale, si applica una definizione più generale d’intelligenza: la “abilità di adattarsi efficacemente al nuovo ambiente apportando dei cambiamenti a se stesso (ai propri modi ndr), all’ambiente o ricercandone uno nuovo”

Naturalmente qualsiasi definizione di intelligenza nel cane (fatta eccezione per l’esempio di Rico..si spera) è facilmente attaccabile (come in qualsiasi altro animale ivi compreso l’uomo), le  definizioni,le teorie sono talmente tante da lasciare ampio margine per la strumentalizzazione di ognuna.

La mia definizione d’intelligenza preferita è quella resa nota da Piaget, geniale quanto semplice: “L’intelligenza è ciò che si usa quando non si sa cosa fare”

(e quindi si è costretti ad arrivare ad una soluzione facendo tesoro di quanto appreso in precedenza ndr  )concetto base nei test di problem solving!

Questo però non significa che quando da me affermato non sia esatto, proprio perché una definizione univoca dell’intelligenza ancora non è stata trovata mi sento di ribadire il concetto già espresso e cioè: che un cucciolo precocemente stimolato (nulla a che vedere con la socializzazione/abituazione /consolidamento) possiede:

 

  • una corteccia cerebrale più spessa con un numero superiore di

    connessioni neuronali che invece di  morire come normalmente                                                                   avviene diventano permanenti per effetto del lavoro successivo che                                                                   viene fatto sui cuccioli.

  • una concentrazione di enzimi cerebrali più alta

  • ghiandole adrenaliniche più forti

  • maggiore resistenza allo stress

 

Conseguentemente una maggiore  capacità di adattamento all’ambiente e a nuove situazioni e prestazioni migliori in problem solving come ampiamente dimostrato da *William Greenough, quindi cuccioli più intelligenti rispetto a fratelli e sorelle e se stessi se  non assoggettati a stimolazione precoce. Personalmente, credo che la maggiore tolleranza allo stress, giochi  il ruolo più importante.

Sono poi stati avanzati dei dubbi circa l’importanza dell’ambiente nel modificare quanto ereditato dai genitori il vecchio dibattito Nature VS Nurture, non volendo annoiare il lettore con una sfilza di lavori scientifici a partire da Fortunate Fields (1924) fino a Coppinger (2001)  a supporto dell’interazione tra genetica e ambiente mi limiterò a citare *Joseph E. LeDoux (1996) il quale afferma:

“Per synaptic plasticity” s’intende il processo attraverso il quale le esperienze modellano le sinapsi” e ancora: “La ricerca ha dimostrato non solo che sia la genetica sia l’ambiente contribuiscano (in proporzioni discutibili) a definire chi siamo, ma parlano anche lo stesso linguaggio. Entrambe ottengono i propri effetti alterando l’organizzazione delle sinapsi nel cervello!

“Il cervello possiede una relativamente costante organizzazione macrostrutturale, la “in continuo cambiamento” corteccia cerebrale con la sua complessa microarchitettura i cui potenziali ci sono ancora sconosciuti, è fortemente plasmata dalle esperienze, prima della nascita, durante

E’essenziale rilevare che gli effetti derivati dall’arricchimento ambientale ha delle conseguenze sul comportamento”!  *(Dr. Marian C. Diamond) l’infanzia e durante l’intero corso della vita.Il dibattito “Nature Vs Nurture” rimane ad ogni buon conto una discussione irrisolta per quanto concerne l’entità dell’importanza dell’una e dell’altra, si rammenta al lettore che gli stessi Scott & Fuller presero in esame le seguenti razze: Basenji,Shetland Sheep Dog ,Wire Haire FoxTerrier, Beagles ed 

infine American Cocker Spaniel ognuna delle quali rappresentanti un gruppo diverso.

La scelta fu fatta escludendo alcune razze precedentemente prese in considerazione, tra le quali i toy a causa della loro scarsa fertilità, le razze giganti l’alto costo di mantenimento.

 Razze profondamente diverse tra di  loro, che permettessero di individuare con facilità i risultati derivati dagli incroci effettuati. Credo che la diversità di comportamenti di un Baseji ed un Cocker siano indiscutibili!

Le conclusioni a cui giunsero  furono che la genetica contribuiva alla definizione del carattere per una certa percentuale l’ambiente per il resto! Altri studi hanno confermato o smentito questi valori; ma allora chi ha ragione “la genetica” quanto influisce, 30%, 40% o 50%?   

Quello che ho notato sfuggire ai più è che questi risultati non hanno mai sancito un valore assoluto, applicabile a qualsiasi razza o a tutti i cani in giro per il mondo, ma evidentemente il risultato di un calcolo, limitato dal doppio vincolo del campione preso in esame e l’ambiente in cui sono stati portati avanti gli studi.

Facciamo un semplice esempio: se in una cucciolata prediamo in analisi l’ereditarietà del riporto e in quella cucciolata  di 6 cuccioli, 3 riportano naturalmente e 3 no;  è evidente che l’ambiente avrà un maggiore effetto sui tre che non hanno questo istinto così sviluppato rispetto agli altri  se cerchiamo di favorire il manifestarsi del riporto!Ribaltando l’esempio si ottiene lo stesso risultato se il comportamento deve essere eliminato!

La grande variabilità che esiste tra razze e all’interno delle razze stesse rende praticamente impossibile dare un valore assoluto, anche considerando che per come è strutturata la cinofilia internazionale, non sarebbe mai possibile raccogliere questi dati.

Gli svedesi attraverso i loro mental test hanno individuato un sistema per misurare alcune differenze salienti tra razze e all’interno di esse tra i soggetti, ma il problema è sempre lo stesso i risultati valgono per la popolazione in presa in esame che siano mille o duemila sono sempre pochi!Consideriamo inoltre che caratteristiche come la fertilità (intesa come numero di cuccioli nati conseguentemente ad un accoppiamento) e l’altezza al garrese, nei Pastori Tedeschi sono calcolate dagli addetti ai lavori al 10/15% e 40/65% rispettivamente (Carmen L Battaglia).

La selezione di soggetti provenienti da cucciolate numerose è stata dimostrata inutile, nel tentativo di aumentare il numero di soggetti nati, mentre la scelta del periodo più appropriato  ha dato esiti positivi. Ora se caratteristiche relativamente “semplici” rispetto alle molteplici sfaccettature caratteriali presenti nel cane, subiscono l’effetto dell’ambiente come è possibile affermare che il comportamento di un cane è solamente o principalmente conseguente alla genetica? Certamente c’è una componente genetica nel comportamento del cane (e di qualsiasi organismo se per questo), ma ciò non significa che ci siano dei geni per i vari comportamenti piuttosto che questi siano responsabili per l’assemblaggio e  regolazione delle proteine che cambiano asseconda dell’ambiente. Sono queste proteine che costituiscono le fondamenta per costruire la rete di collegamenti del cervello e dalle quali i comportamenti si originano. Fin dal 1894 Santiago Ramon J. Cajal dopo aver scoperto la struttura sinaptica della comunicazione neuro-chimica concluse che l’apprendimento fosse funzione di alterazioni morfologiche delle terminazioni nervose causate dall’informazione sensoriale ricevuta dall’ambiente. Qualcuno potrà dire: “Roba vecchia!” certamente come la scoperta della forza di gravità, non per questo meno valida.

 Joseph E. LeDoux professore di  Neurologia e psicologia alla New York University Center for Neural Science afferma:

“Si nasce con l’abilità di assumere comportamenti di paura, ma solitamente si deve apprendere di preciso di cosa aver paura.”!

Questo apprendimento  accade a seguito della “Plasticità Sinaptica” ovvero la capacità delle connessioni sinaptiche di rafforzarsi o indebolirsi conseguentemente ad attività precedenti, la capacità del cervello di modificare il funzionamento dei propri circuiti nervosi in base all’esperienza!

Tale è la plasticità del cane, che non esiste fine alla unicità delle variazioni di questa specie (ndr)

Concludendo credo che quando scienze ufficiali come la neurologia, la biologia, la psicologia attraverso i loro massimi esponenti arrivano alle stesse conclusioni e cioè che l’ambiente concorre con la genetica (eccome) sulla personalità di un organismo (nel nostro caso il cane) ed il suo sviluppo asserire il contrario sia quantomeno pittoresco!

Tra le varie curiosità che ho notato da quando ho ricominciato ad occuparmi di agonismo è la preferenza per cani molto reattivi. Dico curiosamente perché è risaputo che questa caratteristica ricorre con più frequenza in animali nervosi o più facilmente spaventabili. (Hennessy and Levine (1978)

La novità costituisce uno dei paradossi  più facilmente osservabili nei cuccioli (ma non solo) L’introduzione di una novità nell’ambiente abituale del cane mette in atto contemporaneamente due meccanismi uno di paura e l’altro di curiosità.  La reazione ricercata è quella d’indifferenza o attiva esplorazione, l’esatto opposto di quanto gli ha permesso di sopravvivere per millenni. Si dirà che il cane è poi stato addomesticato, certamente ma il meccanismo per il quale il cane è stato diffidente di cose sconosciute è rimasto in misura diversa tra le varie razze. Motivo per il quale il programma è particolarmente efficace, presentando al cane nuovi stimoli all’interno di periodi particolarmente sensibili e nel modo giusto.

Credo sia opportuno ricapitolare un attimo:

  • la genetica pone dei limiti oltre i quali l’ambiente non può andare

  • l’ambiente modifica le sinapsi (quindi la genetica)

  • gli stimoli novelli producono stress

  • alcuni comportamenti del cane (innati) sono immodificabili dall’ambiente altri si!

“I comportamenti innati utilizzati per trovare il cibo tra i quali  la caccia dipendono più dall’apprendimento che dai comportamenti innati della consumazione del cibo, mentre la riproduzione e la predazione sono governati in prevalenza dall’istinto”  (Gould, 1977)

Nel caso vi fossero dubbi in merito si pensi a come i giovani lupi, leoni, o cani imparano a cacciare attraverso gli insuccessi conseguenti alla loro inesperienza, si pensi che le modalità di caccia vengono adattate ogni volta alla situazione che viene a presentarsi per trovarsi d’accordo con Gould. Mayr nel 1974 descrisse questi sistemi comportamentali come “aperti” e “chiusi” agli effetti delle esperienze. Credo che il seguente commento ancora una volta sia la riprova che un buon cane non sia il risultato esclusivo di una buona selezione: “Esiste una complessa interazione fra genetica e fattori ambientali che determinano il comportamento di un animale. La personalità di un animale é influenzata dalla genetica e dall’ambiente”

(*Temple Granding)

Nell’ultima edizione ho apportato una modifica allo stage dedicando la prima giornata alla teoria e la seconda alla pratica con l’ausilio della cucciolata di Australians che aveva seguito il programma.

Credo che tutti si siano resi conto prima di tutto che ogni cucciolo era spiccatamente attratto dalle persone, che ogni cucciolo era indifferente allo sparo (raudo sparato a 10 metri), che ogni cucciolo ricercava attivamente una soluzione al problema che gli veniva presentato.

Posso assicurare che il punto di partenza non è stato lo stesso per tutti i cuccioli di questa e di altre cucciolate con la  sola eccezione costituita dai Golden Retriever nell’abituazione allo sparo, loro da validi rappresentati della razza dei botti se ne sono (mi si scuserà il francesismo) “impippati” fin dal primo giorno! Tutti gli altri invece hanno avuto bisogno di abituarsi chi più chi meno. E’ stata confermata ancora una volta la capacità di abituazione all’auto dell’intera cucciolata. Il record ad oggi è costituito da due cucciolate di Border Collie che all’età di 48 giorni (in due diverse occasioni) hanno fatto un viaggio di 750km con una sola fermata per sporcare e rifocillarsi con un po’ di latte di mamma naturalmente al seguito.

Arrivati puliti e profumati! L’esperienza precedente dell’allevatore era circa 30km per andare dal vet per arrivare ….beh lascio a voi immaginare come!

Una nota particolarmente positiva è stato il commento di allevatori con esperienze quindicinali e trentennali i quali hanno testimoniato una maggiore consapevolezza delle caratteristiche di ogni cucciolo, derivata dall’osservazione di determinati fenomeni scandita dall’inizio e la fine dei periodi sensibili e dai test comportamentali eseguiti, conseguentemente una maggiore sensibilità nel valutare a chi affidare ogni singolo cucciolo.  Mi ha fatto particolarmente piacere rilevare tra i possessori di cuccioli che hanno seguito il programma la consapevolezza delle proprie “mancanze” nei confronti del proprio beniamino quando per cause indipendenti dalla loro volontà queste si sono manifestate, invece del solito attacco all’allevatore, alla razza. Continuo a “stupirmi” per questa nuova “tendenza” a scaricare su cane ed allevatore responsabilità delle quali io da handler mi sono sempre fatto carico. “Cani di m……..non ne esistono almeno fino a quando qualcuno non si applica a fondo per farceli diventare! La scelta di dedicare la seconda giornata alla pratica è stata decisamente fortunata ed ha permesso di spiegare ai proprietari i primi passi da compiere con il nuovo arrivo, approfittando delle frequenti pause di riposo per i cuccioli si è discusso apertamente dei vari problemi, fuori dalla rigidità imposta dagli schemi che regolano tempi e modalità di svolgimento di una presentazione.

Spero che anche a seguito della lettura di questo articolo il lettore si sarà reso conto che più che il singolo studio, ad avvalorare la tesi che a modellare il carattere del cane l’ambiente contribuisca in maniera sostanziale, concorrono evidenze scientifiche provenienti da campi diversi che si avvalorano vicendevolmente.

 

Successivamente alla stesura dell'articolo siamo venuti a conoscenza di "Chaser" guardate i filmati, vi lasceranno letteralmente basiti.

 

 

 

 

 

 

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